La storia della Villa Sormani Marzorati Uva di Missaglia
Villa Sormani Marzorati Uva nella struttura attuale è un palazzo seicentesco che si affaccia su una terrazza naturale al centro del paese di Missaglia da dove lo sguardo spazia sulle prime colline della Brianza.
La prima edificazione del sito è da far risalire alla famiglia Pirovano, antichi Signori del luogo, che sulle rovine di un “castrum” romano eressero nel tredicesimo secolo un palazzo con annessa una cappella gentilizia dedicata alla Beata Vergine, dapprima denominata Santa Maria in Castro e successivamente in Santa Maria in Villa.
La Signoria di Missaglia passò per ragioni dotali nel sedicesimo secolo dai Pirovano ai Sormani.
Nel 1648 Don Paolo Sormani acquisì il Feudo di Missaglia e Brianza, uno dei più vasti del territorio, in seguito con diploma del 6 ottobre 1656 l’imperatore di Spagna Filippo IV lo creò primo Conte di Missaglia.
Fra il 1648 e il 1720 il Palazzo (nominato nelle cronache dell’epoca “il castello”) subì profonde trasformazioni; venne realizzato il corpo centrale che oggi si affaccia sul parco e venne modificato l’accesso alla cappella di Santa Maria in Villa chiudendo l’ingresso di fronte all’altare e aprendo il nuovo ingresso, realizzando il portale con le due grandi finestre prospicienti la Piazza Sormani.
Il trecentesco oratorio di Santa Maria in Villa venne restaurato nel 1942 ad opera della Contessa Rachele Sormani e dal consorte Cavaliere Giuseppe Orsenigo Marzorati. Nel 1965 il dottor Gaetano Uva realizzò un intervento di restauro più radicale che riportò alla luce la struttura originaria; vennero liberate le capriate, venne rimosso l’intonaco che ricopriva le pareti portando alla luce l’antica pietra trecentesca e vennero aperte le monofore.
All’interno della parete di fondo della cappella venne fatto in interessante ritrovamento di manufatti di epoca romana, testimonianza dell’insediamento preesistente al Palazzo trecentesco.
Tali manufatti sono costituiti da una punta di giavellotto, una frombola, una moneta (dipondio tiberiano del 22 d.C.) ed offerte votive.
Aprendo una delle due monofore dell’abside venne alla luce un’urna in cotto con inciso il nome “Marchionis Cavenaghis” contenente un teschio. Da apposite ricerche emerse che si trattava del Marchese Giorgio Clerici di Cavenago (aiutante di campo del primo Conte di Missaglia Don Paolo Sormani), che perì durante la battaglia di Belgrado dell’agosto del 1717. L’assedio di Belgrado del 1717 ebbe luogo nel corso della guerra Austro-Veneto-Turca (1714-1718) e si concluse il 16 agosto 1717 con la conquista della piazzaforte da parte delle truppe austriache al comando del celebre condottiero Principe Eugenio di Savoia. Uno dei comandanti delle truppe asburgiche fu Don Paolo Sormani il quale, alla morte del suo aiutante di campo, ne conservò il teschio in un’arma riportandolo in Patria e tumulandolo nella cappella del suo Palazzo.
Nel 1965 l’urna ritrovata durante il restauro, contenente il teschio, fu ricollocata all’interno del muro absidale (a fianco della monofora) dove si trova tutt’oggi ricordata da una lapide.
Sempre durante l’ultimo restauro venne eseguita la rimozione di una porzione del pavimento seicentesco per individuare la più antica pavimentazione originaria; si scoprì così che tutto il sottosuolo della chiesa, compreso il sagrato esterno delimitato dalle colonnine in pietra, è un ossario.
Qui vennero infatti seppelliti i morti della peste del 1656.
L’affresco della Madonna con bambino, al centro della parete absidale, è di origine tardo quattrocentesca e pare appartenere alla scuola di Bernardino Luini.
Nella parete in fondo alla chiesa, di fronte all’altare, si trova il sarcofago in cui è stato traslato nel 1984 dalla cappella di Famiglia al Cimitero di Missaglia, dove riposava dal 1982, il corpo del dottor Gaetano Uva. Il dottor Uva è stato tumulato nella cappella di Santa Maria in Villa per suo espresso desiderio, tumulazione concessa per meriti scientifici speciali. Intorno alla metà dell’ottocento vennero realizzati i fabbricati di servizi annessi alla proprietà che affacciano su Piazza Sormani.
Il Parco della Villa Sormani
Il parco caratterizza in modo preponderante l’effetto scenico della villa, la posizione con i copri di fabbrica posti sulla porzione dominante e il terreno che degrada dolcemente verso la balconata sono stati sicuramente oggetto del primo intervento, tra la fine del seicento e i primi del settecento, di composizione classica del giardino all’italiana formato da parterre degradanti e da elementi rigorosi (viali, siepi, carpinate) con giochi d’acqua, fontane e statue. Verso la fine dell’ottocento si può collocare la trasformazione radicale con il passaggio dal giardino formale al giardino paesistico o “all’inglese”, con la realizzazione di ampi scenari e di piccoli scorci, caratterizzati dall’uso di alberi imponenti (cedri, faggi e magnolie) e con l’inserimento dei due imponenti viali alberati con forma a “T” caratterizzanti l’accesso nobile verso il centro del paese e il cannocchiale ottico del balcone posto in posizione panoramica sulla vallata sottostante.
Nel 1979 il dottor Gaetano Uva realizzò un massiccio intervento di “riorganizzazione” del parco. Oggi il parco è caratterizzato dall’ultracentenario “viale dei tigli” che lo attraversa e da imponenti, pure ultracentenari, esemplari arborei quali cedri, deodora, magnolie, tassi, sequoie, carpani, un monumentale faggio rosso e altre importanti specie arboree.
La Villa e il suo interno
La facciata
La facciata principale della Villa è organizzata su tre piani e presenta finestre contornate da cornici in pietra di molera con un’elegante balconata centrale in ferro battuto al primo piano, sormontata dallo stemma nobiliare in pietra del casato Sormani.
Dalla facciata la vista degrada sul parco, al quale si accede da un’ampia doppia scalinata in pietra.
L’ingresso
Dalla piazza Sormani invece, attraverso un ampio portone in legno contornato da una portale in pietra e sormontato da un interessante stemma nobiliare seicentesco in marmo della casata, si accede al porticato e al cortile interno. Sul lato sinistro del cortile si affaccia la porzione di fabbricato più antica (l’antico palazzo trecentesco comunicante infatti con la cappella di Santa Maria in Villa), dove nell’ottocento vennero realizzati i depositi delle carrozze e delle scuderie, tutt’ora esistenti.
Il porticato
Dal porticato si accede all’attuale ingresso principale agli ambienti della Villa, tale ingresso è costituito da un’ampia vetrata e da una sala con uno scalone in marmo e una ringhiera in ferro battuto in puro stile Liberty che furono realizzate, quale ultimo intervento strutturale importante intorno al 1919/1920, dal Cavaliere Giuseppe Orsenigo Marzorati consorte di Donna Rachele Sormani.
Il pozzo romano
Di notevole interesse all’interno della Villa è un pozzo risalente all’epoca del “castrum romano” (che precedentemente si trovava all’esterno e in seguito è stato incorporato nel palazzo durante i lavori di costruzione del corpo centrale), il pozzo si trova oggi nel corridoio per accedere ai saloni, ha una profondità di circa 40 metri ed è coperto da una interessante lastra di pietra marmorea di probabile origine tardo medievale.
Le sale
La Villa al suo interno è caratterizzata da alcune sale che connotavano la vita sette/ottocentesca, quale ad esempio la sala del tè, la sala della musica e la sala da biliardo.
La sala delle uniformi
Nella sala delle uniformi al piano terra sono invece conservati alcuni importanti cimeli risorgimentali italiani fra i quali un’importante bandiera del Regno, l’uniforme da Ussaro Imperiale asburgico del Conte Carlo Sormani (1799-1873) con bandoliera recante la corona imperiale e le iniziali dell’Imperatore Franz Joseph e un raro cimelio napoleonico, un colbacco da Cacciatore della Guardia Imperiale francese (Napoleone I 1805). Degne di una nota particolare sono le tre grandi stufe asburgiche in maiolica bianca.
Di reale interesse e di grande suggestione è la lunga storia di questa dimora con la stratificazione delle varie epoche storiche che si può leggere nella pietra attraverso le successive modifiche strutturali avvenute nel corso dei secoli e nel mobilio e nei vari manufatti che rappresentano tutti i periodi storici succedutisi.
Il fatto che tutto ciò sia stato conservato e sia rimasto inalterato nel tempo donano un fascino e creano una suggestione particolare facendo percepire l’anima della casa e di coloro che vi hanno vissuto.
Le colonne etrusche
Nel porticato prospiciente la vetrata liberty possiamo ammirare un ritrovamento di notevole interesse storico; si tratta di due colonne in arenaria datate VII secolo a.C. con incisa una scritta in alfabeto ligure etrusco (mopsil oppure vopsil; nel primo caso riferentesi alla divinità etrusca Mopso, nel secondo caso alle tribù ligure etrusche dei Vospi).
L’uso in quei tempi di edificare templi con solo le pareti in muratura e le sovrastrutture in legno sorrette anteriormente da due ordini di colonne, avrebbe fatto si che l’iscrizione non fosse stata incisa sull’architrave ma su una colonna. Il ritrovamento delle colonne conferma che Missaglia doveva essere un centro non trascurabile, poiché in quel periodo la scrittura era privilegio di pochi; forse fondata come colonia agricola doveva essere in seguito assurta a una certa importanza come centro commerciale e di estrazione della pietra, confermato dalle antiche cave di arenaria presenti nei boschi della Valle. Le colonne sono state rinvenute nel 1965 nel terrapieno che sorregge la duecentesca chiesa della Santa Croce (tutt’oggi proprietà della Famiglia) situata nella omonima valle Santa Croce di Missaglia, nel cuore del parco naturale del Curone.
La Chiesa di Santa Croce
Tale ritrovamento è stato effettuato nel corso del restauro della chiesa realizzato ad opera del dottore Gaetano Uva. Tale restauro comportò il consolidamento del terrapieno, il rifacimento del tetto e del sistema di scarico delle acque piovane, il consolidamento in alcuni punti delle mure e l’inserimento di due chiavi per contenere alcuni dissesti del lato sud; venne inoltre eliminato tutto l’intonaco che ricopriva la muratura portando alla luce al pietra originale. La chiesa di Santa Croce è l’elemento centrale del nucleo abitato di Valle Santa Croce che si è andato formando nei secoli attorno a essa. La chiesa che si erige sulle antiche rovine di un tempio pagano preesistente (ciò è testimoniato dagli importanti ritrovamenti sopracitati) fu edificata nel 1284 probabilmente da un Cavaliere di ritorno da una Crociata in terra Santa; il primo riferimento alla chiesa della Santa Croce si trova nel “Liber sanctorum Mediolani” di Goffredo da Bussero del 1289 (“Est ecclesiae in sanctae crucis”). La chiesa oggi si presenta a navata unica, a croce, con abside semicircolare.
Nel 1567 vennero aggiunte al corpo centrale a navata unica due cappelle laterali molto probabilmente non absidate che sono rimaste fino a oggi parte integrante della struttura della chiesa. La chiesa ricevette in tal periodo le visite pastorali dei Cardinali Carlo e Federico Borromeo.
Fra il 1832 e il 1835 il Conte Cesare Sormani avviò una consistente opera di restauro che comportò la realizzazione di finestre, il rifacimento del portone di facciata e della finestra semicircolare di facciata, il rifacimento della pavimentazione interna, l’altare, i gradini, mentre la volta a crociera sopra l’altare venne dipinta a cielo stellato.
Di particolare interesse è l’affresco raffigurante Sant’Elena che appare sul lato sinistro dell’abside; esso rientra nel campo dei riquadri devozioni di commissione signorile che si esprime in epoca sfornisca e che trova uno sviluppo anche nelle località minori.
Nonostante ciò l’affresco potrebbe anche essere riferito o addirittura essere una copia di un effigie medievale più antica, come denuncerebbe la frontali della figura, il suo inserimento nello spazio, le articolazioni anatomiche e la tipologia delle vesti.
La storia dei proprietari di Villa Sormani Marzorati Uva
Fra il 1648 e il 1740 il Palazzo Sormani fu residenza di tre celebri Condottieri di Casa Sormani: Paolo, Alessandro e Antonio; tutti e tre furono “Grandi di Spagna” e “Marescialli Imperiali”. Alla loro morte vennero tumulati nella chiesa di Sant’Angelo in Corso di Porta Nuova a Milano dove riposano tutt’oggi e dove si può ammirare uno splendido busto marmoreo seicentesco del Conte Paolo Sormani. La proprietà di Missaglia da quando agli inizi del seicento passò per ragioni dotali ai Sormani, è rimasta della Famiglia attraverso i secoli e attraverso le varie successioni fino a oggi.
Giovanni Andrea Sormani sposò Bianca Pirovano ed ebbe figlio Giovanni Paolo che fu ricco banchiere e che nel 1595 comprò il feudo di Melato per rivenderlo a Giorgio Trivulzio.
Giovanni Paolo sposò Alba figlia di Gianfermo Trivulzio, primo Conte di Melzo.
Il figlio di Giovanni Paolo, Antonio (1580-1610) morì giovane lasciando erede il proprio figlio Paolo Giuseppe (1604-1671), Don Paolo Giuseppe Sormani fu infeudato del feudo di Missaglia e Brianza nel 1648 e creato primo Conte di Missaglia dall’Imperatore di Spagna Filippo IV nel 1656.
Suo erede fu Francesco Sormani, secondo conte di Missaglia che sposò Giulia Calderai ed ebbe quale figlio Paolo Alessandro (1683-1781) terzo Conte di Missaglia. A lui succedette Antonio Valeriano (1722-1772) quarto Conte di Missaglia; ad Antonio Valeriano succedette Cesare Sormani (1763-1850), quinto Conte di Missaglia (noto a Milano con il soprannome di “el Cont Cara Gioia” per via di un suo abituale intercalare) che sposò Fulvia Giussani la quale portò in dote la Villa e la proprietà di Pomelasca. Fu il Conte Cesare a effettuare nel 1832 l’ampio restauro della chiesa della Valle Santa Croce di cui abbiamo sopra detto.
Gli succedette Carlo Sormani (1799-1873) sesto Conte di Missaglia, Ufficiale degli Ussari dell’Imperatore Francesco Giuseppe d’Asburgo, di cui si conserva un ritratto e l’uniforme da Ussaro nella sala delle uniformi della Villa.
A Carlo succedette Francesco Maria (1838-1908), settimo Conte di Missaglia che fu anche Sindaco del paese. Alla sua morte nel 1908 la proprietà di Missaglia passò in eredità per linea femminile a Donna Rachele Sormani, sposata con il Cavaliere Giuseppe Orsenigo Marzorati. I coniugi ebbero una figlia unica, la Contessa Donna Carla Orsenigo Marzorati (1908-1978) che sposò nel 1932 il Conte Paolo Parea (1909-1991), discendente di una nobile e antica famiglia del torinese, nota per una lunga serie di ingegneri idraulici che essa ha dato alla Lombardia e Piemonte durante i Secoli XVIII e XIX con la realizzazione di importanti opere di ingegneria civile.
Donna Carla Marzorati da questo matrimonio ebbe una figlia unica, Donna Maria Teresa Parea (1934-2008) che sposò nel 1959 il N.H. dottor Gaetano Uva (1930-1982), dal cui matrimonio nacquero tre figli, Alberto, Carlo e Vittorio Uva, che sono gli attuali eredi e proprietari della Villa.